Il mondo segreto dei mancini


Di Dott.ssa Serena Chisari


Il mancinismo è la caratteristica per la quale un individuo utilizza l’emilato sinistro del proprio corpo (occhio, orecchio, mano, piede) per eseguire movimenti automatici e volontari e quindi per svolgere le attività della vita quotidiana. I mancini rappresentano un piccolo numero in termini globali: uno studio di meta-analisi del 2020 ha infatti stimato che la percentuale di persone mancine fosse circa del 10% sul totale della popolazione mondiale, un dato che è rimasto pressoché invariato dall’epoca preistorica, con una maggior incidenza nel sesso maschile.
Sebbene possa sembrare scontato affermare il contrario, il mancinismo non è l’opposto del destrismo. Nonostante la struttura anatomica del cervello appaia sostanzialmente simmetrica, le aree funzionali si distribuiscono in modo particolarmente specifico nei due emisferi e nel mancino tali regioni non vengono semplicemente “ribaltate” dall’emisfero sinistro a quello destro bensì si osserva una maggior interconnessione tra aree deputate allo stesso scopo. Ad esempio: l’area del linguaggio, che nei mancini ci aspetteremmo di trovare nell’emisfero destro, si colloca in realtà nel 70% dei casi nell’emisfero sinistro (esattamente come i destrimani), e nel 15% dei casi avviene un controllo bilaterale.

Quando emerge il mancinismo:
La lateralità, cioè la consapevolezza di avere due parti “simmetriche” del corpo e di preferire l’uso di un lato rispetto all’altro, si organizza già dai primi mesi di vita arrivando a completa maturazione tra i 6 e gli 8 anni. Già nell’utero, dalla decima settimana di gestazione, è possibile osservare una preferenza tra i movimenti della mano sinistra o di quella destra. Nei primi anni di vita il bambino utilizzerà le mani in modo indifferenziato sperimentando diverse abilità motorie che lo porteranno a conoscere e a “sentire” il proprio lato destro e sinistro del corpo andando a sviluppare l’uso preferenziale di un emisoma rispetto all’altro. Dal terzo anno di vita il bambino sarà sempre più esposto a giochi, attività e materiali (es. strumenti grafici) che gli permetteranno di maturare la preferenza d’uso e la dominanza. Tra i 4 e i 5 anni il bambino giungerá a definire la mano dominante ma il suo impiego sará ancora alternato all’uso dell’arto controlaterale per andare a consolidarsi pienamente all’incirca con l’ingresso alla scuola Primaria.

Origini del mancinismo:
I meccanismi e l’origine del mancinismo non sono sempre stati ben chiari alla comunità scientifica e, in alcuni termini, non lo sono tuttora. A tal proposito negli ultimi decenni sono stati condotti numerosi studi che hanno preso in analisi svariati fattori, genetici ed ambientali, al fine di identificarne l’eziogenesi: il posizionamento del feto durante la gravidanza, gli ormoni materni, il peso alla nascita, le settimane di gestazione, l’allattamento al seno, la dominanza dei genitori, il contesto culturale…
Una delle prime teorie supportate è stata quella “vestibolo-monoaminergica”, secondo la quale il mancinismo sarebbe determinato dalla posizione assunta dal feto nel grembo materno nell’ultimo trimestre di gravidanza. Solitamente il feto è posizionato in modo tale da avere l’orecchio destro contro il lato esterno della pancia della madre comportando quindi una maggior stimolazione dell’emisfero sinistro. Nei soggetti mancini il feto sarebbe posizionato sul lato opposto permettendo agli input ambientali circostanti di stimolare maggiormente l’orecchio sinistro e quindi l’emisfero destro.
Una seconda teoria è quella di Geschwind e Behan (1982-87) i quali avanzarono l’ipotesi secondo cui l’asimmetria tra i due emisferi all’origine del mancinismo fosse correlato con l’esposizione ad alte concentrazioni di testosterone in epoca prenatale o ad un’elevata sensibilità dell’organismo ad esso. L’influenza di tale ormone sessuale comporterebbe infatti un rallentamento nella crescita di alcune parti dell’emisfero sinistro portando quindi le regioni dell’emisfero destro a crescere più rapidamente per poter compensare il minor sviluppo dell’altro lato (Geschwind & Levitsky, 1968).
La scoperta piú rilevante giunge nel 2007 quando alcuni studiosi dell’Università di Oxford hanno potuto osservare come il mancinismo abbia origine genetica: la particolare struttura di tre specifiche porzioni di DNA, poste sul gene LRRTM1 del cromosoma 2, codificano per alcune proteine che sono coinvolte nello sviluppo e nella strutturazione del cervello definendo di conseguenza la dominanza dell’emilato sinistro. Quest’importante scoperta, supportata da successive ricerche di neuroimaging , ha potuto evidenziare come nei mancini l’asimmetria strutturale e funzionale degli emisferi cerebrali, associata ad una maggior e più rapida connessione tra essi, comporti una maggior interazione tra le aree linguistiche dei due emisferi e potrebbe associarsi a migliori prestazioni cognitive in risposta a stimoli verbali.
I ricercatori di Oxford hanno inoltre sottolineato come la peculiare strutturazione delle aree genetiche individuate siano correlate ad una probabilità leggermente superiore di sviluppare la Schizofrenia sebbene si ipotizzi anche un minor rischio di soffrire del morbo di Parkinson e si assuma una maggior e più rapida ripresa da ictus grazie all’elevata interconnessione cerebrale.
Oltre agli studi a supporto di origini anatomo-genetiche vi sono anche numerose meta-analisi che sottolineano l’importanza dell’influenza del contesto socio-ambientale. Dalle ricerche di M. Papadatou-Pastou et coll. si è potuto evidenziare infatti che il mancinismo sia piú frequentemente presente in persone a discendenza europea (11%) rispetto a soggetti con origini sudfricane (7,7%) o asiatiche (5,7%) a causa dell’importante ruolo svolto dall’istruzione e dall’educazione “occidentalizzata” e quindi meno influenzata da pregiudizi limitanti che comportavano la correzione di coloro che scrivevano con la mano sinistra.
Dai dati raccolti da questo ampio e ricco ventaglio di studi e ricerche possiamo quindi oggi affermare che tutti i fattori individuati, sia genetici sia ambientali, svolgono un ruolo cruciale e si influenzano a vicenda definendo la natura del mancinismo.

Caratteristiche dei mancini:
Nel corso degli anni i numerosi studi hanno fornito dati che permettono di ipotizzare che i mancini posseggano una spiccata creatività in quanto la loro peculiare organizzazione cerebrale, che prevede un utilizzo più globale del cervello, potrebbe essere determinante nell’elaborazione “non convenzionale” degli stimoli. Inoltre, in un mondo a prevalenza destrorso, i mancini devono affrontare quotidianamente numerose piccole sfide (tagliare con le forbici, svitare un tappo, scrivere/disegnare..) che potrebbero condurli a trovare sempre più creative strategie di problem-solving.
Nello sport:
è assai noto che gli sportivi mancini presentino prestazioni notevolmente superiori rispetto ai colleghi destrorsi in quanto questa loro caratteristica rappresenti sostanzialmente un “effetto sorpresa” per l’avversario. Ecco quindi che i mancini ottengono ottimi risultati sia in discipline individuali come ad esempio il tennis, il pugilato, la scherma o le arti martiziali, sia in sport di squadra come può essere il calcio, la pallamano e la pallanuoto.

A scuola:
I bambini mancini organizzato e rielaborano i dati che ricevono dal mondo esterno in modo leggermente diverso rispetto ai coetanei destrorsi. È stato scoperto per esempio che nei compiti in cui viene chiesto al bambino di girare un oggetto attorno a un’asse la direzionalità e la rotazione nei mancini avviene in senso opposto rispetto a quello impiegato dai destrorsi. Tale peculiarità permette al mancino di manipolare mentalmente oggetti tridimensionali con maggior facilità e di sviluppare abilità visuo-spaziali più precise e complesse.
Le maggiori dimensioni del corpo calloso, che nei mancini determina un’integrazione più rapida di informazioni tra i due emisferi cerebrali, permette inoltre al bambino di ottenere migliori risultati nelle attività prassico-organizzativo. Infine, la maggior stimolazione dell’emisfero destro sembrerebbe determinare un ulteriore incremento delle competenze legate all’elaborazione di informazioni visuo-spaziali, al pensiero astratto ed al pensiero immaginativo.
È importante sottolineare tuttavia che in alcuni ambiti il mancinismo può rappresentare un fattore ostacolante. Nella scrittura, per esempio, il bambino fatica a controllare visivamente il proprio prodotto grafico in quanto la mano scrivente copre quanto scritto rendendo quindi difficoltosa la coordinazione occhio-mano, l’esecuzione dei movimenti grafici e l’organizzazione visuo-spaziale del foglio e comportando l’adozione di posture scorrette. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, tali difficoltà saranno di ostacolo limitatamente alle prime fasi di apprendimento della scrittura in quanto il bambino mancino potrebbe necessitare di un po’ più di tempo rispetto ai compagni destrorsi nel trovare le proprie strategie per la gestione dei movimenti scrittori.

Mancinismo contrastato:
Spesso in passato gli adulti (genitori, precettori, insegnanti), a causa di alcune credenze culturali, tendevano a correggere il bambino mancino costringendolo ad utilizzare la mano destra sia per scrivere sia per compiere le attività della vita quotidiana.
Oggi sappiamo che reprimere le persone nel loro mancinismo porta ad importanti conseguenze psico-emotive (stress, ansia, bassa autostima e ritiro) ma soprattutto nello sviluppo del proprio Sé corporeo e negli apprendimenti. I mancini corretti hanno infatti maggiori probabilità di sviluppare disturbi nella fluenza del linguaggio (balbuzie), irrequietezza psicomotoria, dislateralità, difficoltà di ragionamento logico e spaziale.

Cultura e pregiudizi:
Numerose religioni e culture del passato hanno definito la mano sinistra come la mano del diavolo e quindi del peccato, reputando i mancini come “invertiti” e “deviati”. A tal proposito basti pensare che il termine “Mancino” deriva dal latino “mancus”, sinonimo di mutilato e storpio. Nel corso della storia il mancinismo è stato spesso associato a condizioni degradanti e patologiche: negli anni ’20 si sostenne l’associazione tra l’uso della mano sinistra e la demenza; negli anni ‘40 tale correlazione fu avanzata con la dislessia. Solamente negli anni ’70 si cominciò a definire il mancinismo come una caratteristica individuale interrompendone le pratiche culturali di correzione obbligatoria.

Conclusioni:
Il mondo del mancinismo, a lungo contrastato da credenze culturali e religiose, rappresenta oggi un ricco argomento d’interesse. Le numerose ricerche scientifiche e gli studi sulla popolazione hanno potuto definirne l’origine nella stretta interdipendenza tra fattori genetico-anatomici e ambientali andando a identificarne precisamente i meccanismi neuro-funzionali che vi sono alla base. Ancora molti approfondimenti ci aspettano a riguardo ricordando sempre che il mondo dei mancini non rappresenta una realtà “a sé” o opposta a quella della maggior parte delle persone bensì una ricchezza che ci permette di ricordare che l’eterogeneità individuale rappresenta una delle più grandi risorse del genere umano.

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